Gae Aulenti, dettaglio di Jumbo, tavolo in marmo prodotto da Knoll, 1964 La storia del design litico italiano è problematica e sfaccettata; mai fino ad ora ricostruita in modo sistematico, essa attraversa la modernità e arriva all’epoca contemporanea caratterizzandosi per la ricchezza di opere e autori, nonché per i molteplici aspetti peculiari e per certi versi contraddittori. La sedimentazione delle fervide sperimentazioni industriali applicate alla pietra sviluppate tra gli anni ’60 e gli anni ’80 del secolo scorso, nelle esperienze del design minimalista dei ’90, consegna ai materiali lapidei in avvio del terzo millennio una molteplicità di declinazioni progettuali e produttive, rispetto alle quali un bilancio complessivo deve ancora essere scritto. Il contributo si concentra su due eventi espositivi, connessi ad altrettanti momenti di dibattito e ricerca, determinanti per comprendere lo scenario attuale del design in pietra. Marmo Tecniche e Cultura, Milano, 1983. Dibattito e ricerca tra arte, architettura e design La mostra “Marmo Tecniche e Cultura” è ordinata da Giuliana Gramigna, Sergio Mazza e Pier Carlo Santini e si tiene all’Arengario di Milano nel dicembre del 1983. L’evento, centrale per lo sviluppo del design litico italiano degli ultimi decenni del Novecento, ha l’obiettivo di richiamare l’attenzione del grande pubblico sulle qualità delle pietre e dei marmi e sui loro significati culturali; i curatori presentano una serie di opere declinate nei settori della scultura, dell’architettura e - soprattutto - del design di prodotto, proponendo molteplici tipologie di sperimentazioni tecniche e di temi formali e funzionali. L’auspicio ultimo della rassegna è quello di stimolare ulteriormente il dibattito e la ricerca inerente le evoluzioni produttive dei materiali lapidei. Franco Albini e Franca Helg, progetto per il pavimento in marmo del Ritrovo Sportivi Shell alla Valletta Cambiaso, Genova, 1954-61 Il percorso espositivo, e conseguentemente la trattazione del catalogo, si dipanano a partire dall’analisi dell’opera di artisti come Guerrini, Noguchi e Adam che vivono un rapporto stretto e diretto con la materia litica; vengono poi presentate sculture di Pietro Cascella, Gigi Guadagnucci, Francesco Somaini e Giò Pomodoro, realizzate tra gli anni ’70 e gli anni ’80 e rappresentative di diversi approcci espressivi ed operativi nei confronti della pietra e del marmo. La sezione dedicata all’architettura presenta le realizzazioni litiche degli anni ’30 di Giovanni Muzio e Giuseppe Terragni, per approdare alle opere dei BBPR, di Gardella, Albini, Zanuso e Carlo Scarpa costruite tra l’immediato dopoguerra e i primi anni ’80. Sculture e architetture vengono documentate sottolineando le peculiarità del rapporto tra artefice e macchina, tra materiali e lavorazioni più o meno seriali; individuando gradazioni di incidenza e dinamiche di interazione variabili tra artigianato e industria, ancora oggi valide per analizzare la fenomenologia del design litico1. Renato Polidori, libreria Biblos, marmo, produzione Fucina per Skipper, 1976 La parte preponderante dell’allestimento è dedicata al design e muove concettualmente dalla valorizzazione delle sperimentazioni degli anni ’60, lette come momento di avvio di un importante dibattito teorico-critico sulle possibilità di rinnovamento dell’oggetto o del mobile lapideo; tali esperienze portano a rilevanti ricadute in termini produttivi per tutti gli anni ’70, fino agli anni ’80 con i pezzi litici realizzati dai più importanti produttori dell’arredamento italiano come Knoll, Cassina, B&B e Danese e con le collezioni contrassegnate da veri e propri marchi dedicati del design in pietra come Skipper, Up & Up, Casigliani, Ultima Edizione e Primapietra. Descrivendo questo fenomeno, nel saggio del catalogo dedicato al design, Pier Carlo Santini sottolinea la centralità dell’esperienza culturale e operativa di Officina , che nasce a Pietrasanta, ma si sviluppa in una prospettiva di contatti internazionali in cui si intrecciano diverse storie personali: quella di Erminio Cidonio - a capo della sede apuo-versiliese della multinazionale dei lapidei Henraux per tutti gli anni ’60 - e quelle di artisti, designer, galleristi e critici d’arte militanti come lo stesso Santini. Cidonio, promotore di una breve ma intensa stagione di sintesi tra sperimentazione progettuale e spirito imprenditoriale, invita al cantiere d’arte di Officina rappresentanti di ogni tendenza creativa, che operano nella più ampia libertà, utilizzando forme complesse e processi tecnologici inusuali, con l’obiettivo di rinnovare e riqualificare l’oggetto litico. La mostra collettiva Forme 67 , che si tiene nel 1967 a Pietrasanta, è il risultato di tale attività.